QUANDO NEL FRIULI VENEZIA GIULIA NON C'ERANO GIORNALISTI DISOCCUPATI*

QUANDO NEL FRIULI VENEZIA GIULIA NON C’ERANO GIORNALISTI DISOCCUPATI*

I colleghi del Coordinamento Precari Fvg, per la loro assemblea della settimana scorsa, mi hanno chiesto un contributo che è già stato diffuso attraverso i loro canali. Lo ripropongo alla platea più vasta della newsletter del nostro Ordine regionale, nella speranza di offrire un contributo al dibattito in corso sul lavoro precario ormai molto, troppo diffuso nella nostra categoria.

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All’inizio degli anni Ottanta, quando ho cominciato a fare quello che all’epoca era un bel lavoro – ben trattato, ben considerato e… ben pagato -, nel Friuli Venezia Giulia non esistevano giornalisti professionisti disoccupati. I più anziani ricorderanno certamente il caso di un collega di una regione del Sud che si trasferì armi e bagagli qui nel Nordest proprio perché sarebbe stato l’unico disoccupato e dunque il primo posto libero se lo sarebbe beccato lui. Come puntualmente avvenne…

Dunque tutti lavoravano. Chi alla Rai regionale, chi al Messaggero Veneto o al Piccolo, chi al Primorski Dnevnik o nelle redazioni regionali del Gazzettino, chi in qualche tv privata… C’era lavoro e pane per tutti. 

Si cominciava a collaborare (all’epoca quelli che lavoravano in redazione in attesa dell’assunzione erano chiamati “abusivi”), poi prima o poi, chi prima e chi poi, si veniva assunti. Chi forte di una raccomandazione, della presentazione da parte di un parente o un amico, chi semplicemente perché era bravo, e tanto per cominciare sapeva scrivere in italiano. Cosa che non dobbiamo mai dare per scontata.

Bastava che qualche collega andasse in pensione o “emigrasse” verso altri lidi, magari a Roma o a Milano, oppure poteva capitare che qualche editore volesse rinforzare una redazione, beh, chi aveva pazienza e voglia di scrivere finiva per ottenere il sospirato “articolo 1”.

Poi dev’essere successo qualcosa. E noi all’inizio non ce ne siamo accorti. Peggio: il sindacato non se n’è accorto. Ricordo componenti di Cdr e di Direttivi Assostampa che sostenevano di non dover rappresentare i collaboratori.

Oggi il mondo dell’informazione è cambiato, anche nel Friuli Venezia Giulia, che non è più un’isola felice. Oggi oltre metà dei giornalisti professionisti iscritti ai nostri enti di categoria non ha un contratto di lavoro “articolo 1”. Si arrangia con collaborazioni, contratti a termine, uffici stampa. E qualche volta molla, perché va bene tutto, va bene la passione, ma a trenta o quarant’anni non si può andare avanti con mille euro al mese, peraltro lavorando a tempo pieno, serate e domeniche incluse.

E se l’Inpgi, il nostro istituto di previdenza, continua a ballare sull’orlo del vulcano, una concausa sta qui. Un tempo entravano cento di contributi e uscivano cinquanta di pensioni, oggi la proporzione è capovolta. Gli editori hanno usato l’istituto come un bancomat, prepensionamenti a raffica, organici ridotti, sempre meno redattori e sempre più collaboratori pagati poco. Lo ha teorizzato recentemente anche il direttore di Repubblica, Molinari. Solo che ha detto che questo è “il futuro dei giornali”. Invece è purtroppo, da tempo, già il presente…

Ma oggi abbiamo bisogno di più informazione, informazione di qualità. E la qualità richiede sostegno pubblico, interventi normativi che diano stabilità al settore, supporto al lavoro dei giornalisti. Non si tratta di elargire finanziamenti a pioggia, ma di sostenere l’informazione in maniera seria guardando al servizio che viene svolto e all’occupazione che viene creata.

Dunque vanno affrontati al più presto i nodi strutturali, a partire dal contrasto al precariato e dalla definizione dell’equo compenso. Non si può fare informazione di qualità sfruttando migliaia di giornalisti che ogni giorno lavorano senza le tutele, i diritti e le garanzie assicurati dal contratto di lavoro. La Fnsi chiede al governo “un patto per l’articolo 21 della Costituzione”.

* Carlo Muscatello, presidente Assostampa FVG