LA RASSEGNA SUI GENERIS DI DICEMBRE

Una settimana di notizie sui nostri media: come e quanto si parla di donne? E quante sono le donne a scrivere del mondo. GiULiA prosegue con il suo osservatorio sui giornali in ottica di genere.

Il Corriere della Sera, La Repubblica, La Stampa, Il Giornale, Il Messaggero, Avvenire, Domani, Il Fatto quotidiano, Il Sole 24 ore, Il Manifesto, Libero, La Verità, QN, La Gazzetta dello Sport, Tuttosport, Corriere dello Sport.

Settimana dal 9 al 14 dicembre 2024
Firme in prima pagina: 916 uomini, donne 296;
Editoriali e commenti in prima pagina: 205 uomini, 32 donne;
Interviste: 224  uomini, 62 donne.

Settimana dominata dalla Siria, con molte firme di giornaliste sulle prime pagine dei quotidiani che hanno cercato di raccontare quello che sta succedendo, ma soprattutto quello che succederà in futuro, tenendo conto della lezione afgana. In Italia la consacrazione di Giorgia Meloni come donna più importante d’Europa da parte di Politico e New York Times che la definisce il ponte fra Europa e Usa. Per la cronaca il caso Caffo. Due parole sulle firme: parità di genere quasi raggiunta dalla Stampa e da Domani, ma siamo poco presenti come al solito nei commenti. Per quanto riguarda lo sport, tante notizie sulle donne, ma poche firme femminili sui quotidiani sportivi.

Sulla via di Damasco

Con la dovuta prudenza si sono espresse, soprattutto sui siti, le attiviste siriane che hanno trovato asilo in Europa e che ora si dicono sollevate per la fine di un regime che ha violato la dignità delle donne, spesso detenute e violentate solo per aver aiutato i dissidenti. Sono quelle che negli ultimi 13 anni hanno tentato di costruire reti per il giorno dopo (le loro testimonianze si possono trovare anche su Terrasanta.net). C’è comunque incertezza per il futuro anche se il leader delle truppe di liberazione, Abu Muahammad al- Jolani, ha rassicurato le minoranze e le donne, dicendo che non ha intenzione di imporre obblighi vessatori né codici di abbigliamento islamici. Bisogna pure dire che su quelle che saranno le prerogative femminili nella nuova Siria non abbiamo riscontrato un eccessivo interesse da parte dei nostri quotidiani, tanto che le prime interviste ai leader degli insorti hanno preferito occuparsi di grandi questioni geopolitiche. Solo La Stampa, da subito, con un commento di Mattia Feltri, si è domandata su quali scarse solidarietà potranno contare e che fine faranno. Per il momento, comunque, nessuna donna compare nella nomenclatura del nuovo potere. E le ragazze soprattutto hanno scelto di velarsi per non incorrere in rappresaglie: nelle città comandano i miliziani e non è il caso di esporsi, ma tutte temono un nuovo Afghanistan. Intanto nel Rojava curdo, la parte nord della Siria, sventola la bandiera degli insorti. Mai riconosciuto da Assad, il Rojava sta sperimentando un modello di società basato su democrazia, parità di genere, inclusione di diverse minoranze e ambientalismo. Ne scrivono solo alcuni siti, ma conta 4 milioni e 600 mila persone.

Yasmine venuta dal mare

È il più bel titolo sulla vicenda della piccola di 11 anni ritrovata e salvata da una ONG tedesca a poche miglia di mare da Lampedusa. Yasmine, chiamata anche Maria (o Mariam) scrive Repubblica che ha aperto con decisione il giornale su questa vicenda, era in mare da molte ore, dopo che il barchino sul quale viaggiava con una quarantina di persone, compreso un fratello disperso nelle onde, è affondato. Lei è rimasta abbracciata a due vecchi copertoni che le hanno fatto da salvagente, si è salvata chiedendo aiuto finché il natante Trotamar III dell’ONG Compassconnective non l’ha avvistata e soccorsa. Medici e giudici stanno cercando di capire quanto tempo la bambina sia rimasta in mare, nel frattempo lei è diventata suo malgrado divisiva e i giornali di centrodestra sottolineano che non fosse in grave ipotermia e che non siano state trovate tracce del naufragio di cui ha parlato con i soccorritori, insomma la colpa di essere viva.

Donne di successo

All’indomani della consacrazione di Politico e dell’incontro con Trump, conversazione di Giacomo Salvini, firma del Fatto quotidiano con Arianna Meloni, che ad Atreju ha fatto pure la dj. Si parla soprattutto del bilancio positivo di Meloni e di FdI , di un presidente del consiglio donna che ha fatto ripartire l’Italia e ha fan club in India e in Canada. Inoltre è diventata il trait d’union tra Europa e Trump, dice sempre la sorella, che aggiunge come in politica estera Giorgia non si faccia consigliare da nessuno e ha il vantaggio di sapere tante lingue. Arianna, parlando poi con un giornalista del Giornale afferma di essere femminista, ma una femminista che anzitutto privilegia il merito delle persone, non la cultura del piagnisteo: «ho sempre cercato di lavorare considerando la storia di Giorgia. Lei ha rotto il tetto di cristallo con il merito, senza aiutini, entrambe riconosciamo che esiste un gender gap, ma preferiamo lavorare per annullare ogni tipo di differenza».

A far da contrappunto all’agiografia sulla premier un ritratto al vetriolo su Domani a firma Lucia Annunziata. Una leader che passa con disinvoltura e rapidità dai baci di Biden ai pollici in su di Trump e che mostra la fragilità della collocazione internazionale dell’Italia. E soprattutto che non ha mai smesso di tentare di controllare i media, ad ogni costo. Norme restrittive, controlli anche attraverso una rete di persone gradite nelle redazioni che raccontano al meglio l’attuale governo. Insomma, il piano di cambiamento più coerente di questo governo, che ci ha portato tra i paesi critici per la libertà di stampa. Ma la sua comunicazione, un mix fra rabbia, decisionismo e vittimismo continua a piacere.  

Il memoir

Altra super donna ricomparsa sui nostri giornali questa settimana è Angela Merkel a Milano a presentare il suo libro Libertà intervistata da Walter Veltroni. Accolta con caldissimi applausi dal pubblico dell’Ispi, come riporta  il Sole 24 ore , ha parlato del suo rapporto con Donald Trump, lui che vede il mondo in termini di vincitori e vinti come un immobiliarista, mentre lei come politica ha mirato a soluzioni «win win» dove tutti vincono. «Dobbiamo trasmettere agli Usa un messaggio: hanno bisogno dell’Europa», ha suggerito. Pare che in Germania il libro sia stato stroncato perché non c’è nessuna autocritica e addirittura è stato definito piatto e superficiale.

Giustizia

E veniamo alla vicenda di Leonardo Caffo, 36 anni, condannato il 10 dicembre scorso dal Tribunale di Milano a 4 anni di reclusione per maltrattamenti e lesioni ai danni della ex compagna e madre di sua figlia, che lo aveva denunciato nel 2022. La vicenda ha dominato in buona parte la settimana, malgrado qualche giornale di centrodestra abbia scritto che non se ne è parlato abbastanza. La sentenza sarebbe passata inosservata se Caffo fosse solo uno dei tanti uomini accusati di maltrattamenti fra le mura domestiche, ma in questo caso parliamo di uno studioso, scrittore e docente universitario e per di più di area progressista (idolo delle femministe, scrive Libero), considerato uno dei più promettenti giovani filosofi italiani, definito così dal suo maestro Maurizio Ferraris. In realtà il caso è in piedi già da settimane: Chiara Valerio, scrittrice, definita erede di Michela Murgia  aveva invitato Caffo, già sotto processo, alla rassegna Più libri Più liberi, evento peraltro dedicato alla memoria di  Giulia Cecchettin,suscitando molte perplessità, continuate anche quando il filosofo aveva declinato l’invito. Simonetta Sciandivasci sulla Stampa già prima della decisione del Tribunale si era espressa molto chiaramente: è giusto che per Caffo dovesse valere la presunzione di innocenza sancita dall’articolo 27 della Costituzione o magari anche altri principi elaborati in questi anni di battaglie delle donne, anche dalla stessa Valerio, senza pretendere di scavalcare la Carta, ma tenendo conto della difficoltà a denunciare, ma soprattutto ad essere credute in aula, come ha ribadito la stessa, stremata, ex compagna di Caffo? Sciandivasci attacca pure quelle decine di intellettuali, compresa Chiara Valerio, che dopo la condanna non hanno voluto commentare e che invece, in altri casi come questo non avrebbero rinunciato ad attaccare il patriarcato. E lo stesso fa Elena Loewenthal su Repubblica, infastidita da tutto questo dibattito «perché alla fine non si capisce come la pensano quelli che si sono espressi…ogni presa di posizione era sempre un po’ di qua e un po’ di là: non vado al festival letterario a parlare, però vado a firmare le copie del mio libro. Aspettiamo che la giustizia faccia il suo corso, però l’ha combinata grossa, però in fondo è una brava persona».

Uno stridore di contraddizioni destinato a lasciare il segno. All’indomani della sentenza Caffo, per di più si sono scatenate le reazioni contro Chiara Valerio in quanto responsabile di una manifestazione di poco successo e molto irritante per i piccoli editori e i librai che attendono le feste natalizie per fare un po’ di cassa. Secondo il Fatto quotidiano la contrazione degli incassi dell’evento sarebbe stata tra il 25 e il 40 per cento. Libero dedica paginate a colei che viene definita “Regina Chiara”. L’imputato intervistato da Giorgia Petani dichiara: «Io da eroe a mostro». Subito dopo la sentenza, parafrasando un vecchio slogan delle Br aveva detto di essere stato colpito lui, uno, per educarne mille. Commenta su Domani il filosofo Gianfranco Pellegrino che contesta a Caffo l’atteggiamento da martire usato ultimamente. E sottolinea come proprio lui, uomo colto, di ottima famiglia, famoso, rappresenti la smentita vivente alle falsità perpetrate dai nostri governanti nei confronti degli uomini violenti, identificati con gli immigrati. Pellegrino si chiede anche come si possa sentire Chiara Valerio, che ha usato tutte le carte possibili per dare il palco di Più libri più liberia Caffo. Soprattutto cosa è successo a lei, autrice di un memorabile articolo a proposito della vicenda del figlio di La Russa accusato di stupro, per aver scelto oggi una difesa tutta puntata sui diritti di Caffo. Su come i media abbiano trattato il caso, dando eccessivo spazio alle ragioni del condannato, si è espresso l’Osservatorio Step che monitora la narrazione mediatica della violenza di genere, a cui aderisce anche GiULiA giornaliste. Qui il comunicato.

Su una vicenda molto diversa, la presunta violenza sessuale ai danni di una giornalista attuata dai colleghi Nello Trocchia di Domani Sara Giudicedi PiazzaPulita, segnaliamo un pezzo di Selvaggia Lucarelli. La collega aveva denunciato la coppia di giornalisti il 2 febbraio 2023, a giorni il gip deciderà sulla richiesta di archiviazione presentata in agosto. Lucarelli scrive un pezzo sostanzialmente innocentista citando testimonianze agli atti. Smontando il cardine dell’accusa, cioè che qualcuno avesse somministrato la droga dello stupro e che a detta dei testimoni la vittima fosse in stato confusionale e sottolineando come la vicenda sia stata strumentalizzata dalla stampa di destra. Viene da commentare: mentre nella vicenda Caffo il motto è stato, almeno in parte, “sorella ti credo”, qui addirittura si anticipano le decisioni del gip.

E, a proposito, il Sole 24 0re pubblica un articolo su questioni giudiziarie a proposito del fatto che la vulnerabilità delle vittime della violenza di genere è presunta per legge. Per questo la donna che denuncia deve essere sentita in sede di incidente probatorio così da evitare di farle rivivere, a distanza di anni, le sofferenze patite. La Corte di Cassazione, a Sezioni Unite, affida ad un’informazione provvisoria (18/2024) la soluzione di un contrasto che da tempo divide la giurisprudenza di legittimità. Il Supremo collegio bolla come abnorme, e dunque ricorribile per Cassazione il provvedimento con il quale il giudice rigetta la richiesta di incidente probatorio, relativo alla testimonianza della persona vittima di violenza di genere (articolo 392, comma 1-bis, primo periodo, del Codice di rito penale) basando il no sulla sua non vulnerabilità e sulla rinviabilità della prova.

Fra le interviste interessante quella a Federica Pellegrini, fresca di nomina nella Fondazione dedicata a Giulia Cecchettin. Nella chiacchierata con Giulia Zonca per la Stampa, Pellegrini va diretta al punto: «Il patriarcato esiste e scalcia con radici ben salde e un retaggio tanto profondo da reggere pure all’educazione delle nuove generazioni che non ne sono più totalmente infuse». Pellegrini il patriarcato lo ha provato spesso sulla sua pelle: «Nella mia carriera spesso molti colleghi maschi hanno cercato di sminuirmi e ancora ci provano».  

Lo sport

Ekaterina Antropova batte la Egonu. Ma è bianca, russa e cattolica e i media a lutto la ignorano. Così titola la Verità, dopo aver guardato i giornali del giorno prima e appreso del primato della Antropova sulla Egonu nelle rispettive squadre in campionato. Le due atlete militano entrambe nella nazionale di volley quella d’oro delle Olimpiadi di Parigi e quindi non si capisce il perché di una paginata per tessere le lodi della giovane opposta, che sottolinea Carlo Cambi, ha pelle di perla e capelli biondi e soprattutto non parla di razzismo, in odio chiaramente alla guastafeste nera che di razzismo parla, eccome. Fra l’altro, controllando la Verità di lunedì si può facilmente osservare che il quotidiano non dedica neppure una riga alla vicenda. E allora perché tanta enfasi il giorno dopo?

Per fortuna e contrariamente al solito i giornali sportivi parlano anche di altre donne: Nadia Battocletti guadagna con i suoi nuovi record diverse aperture di pagine e così Sofia Goggia che torna finalmente in gara dopo il lunghissimo periodo di riabilitazione. Una foto sulla prima del Corriere e paginate un po’ ovunque per celebrarne il ritorno. Curiosa, su Repubblica,anche una breve intervista alla sciatrice, stratifosa dell’Atalanta dove giudica Gian Piero Gasperini, l’allenatore che sta facendo sognare l’intera città di Bergamo. Un bel ribaltamento di ruoli. A Goggia sabato sera sono mancati 16 centesimi di secondo per raggiungere la perfezione, è arrivata seconda nella discesa di Beaver Creek, ma il suo ritorno è stato assolutamente trionfale.

Onori anche per un’altra ragazza, Eurosport e Skysport scrivono  della copertina del Times dedicata alla cestista statunitense Caitlin Clark nominata dalla rivista “atleta dell’anno”.

Su Domani del 9 dicembre un approfondimento di una questione che riguarda atleti, ma soprattutto le atlete: quella della disciplina e dell’obbedienza. Due concetti che scivolano molto spesso nella costrizione e nella violenza. Citando Ani Chroni, super esperta Usa della lotta alla violenza di genere nello sport, bisogna fare attenzione all’ obbedienza inconsapevole, che trasforma la crescita personale in un meccanismo di controllo. È successo (anche in Italia) che giovani atlete ligie al dovere si siano trasformate in vittime, succubi di manipolatori, spesso violenti, e manipolatrici la maggior parte delle volte impunite. Anche questa è violenza di genere. E a questo proposito leggiamo su Qn  che due ginnaste, Anna Basta e Nina Corradini, si oppongono alla richiesta d’archiviazione dell’inchiesta per maltrattamenti che vede imputate la direttrice tecnica dell’Accademia internazionale di Desio Emanuela Maccarani e la sua assistente Olga Tishina. E negli atti del processo in corso a Monza saltano fuori anche le imbarazzanti intercettazioni in cui il presidente della Federazione ginnastica Gherardo Tecchi e il procuratore capo della giustizia sportiva Michele Rossetti parlano con disprezzo delle ragazze accusatrici che vanno in televisione con pullover scollati e gonne corte “per farsi vedere”, oltre a insulti vari. Tecchi non si ricandiderà alla guida della Federazione. Il Corriere della sera dà per certo che l’inchiesta sportiva si rifarà, visto che la prima si era conclusa con una assoluzione per Maccarani tacciata solo di “eccesso di affetto”. Sull’inchiesta giudiziaria deciderà il gup di Monza entro fine anno.

Bella intervista di Zita Dazzi su Repubblica a Nadia Nadim, classe 1988, attaccante del Milan fuggita a 12 anni dall’ Afghanistan con madre e le sorelle dopo che i talebani avevano rapito e ucciso il padre. Suo il gol decisivo nel derby con l’Inter. Laureata in medicina si sta specializzando in chirurgia ricostruttiva. Il suo sogno è ritornare nel suo paese per rendersi utile come medica, ma se non sarà possibile andrà in qualsiasi parte del mondo. Il suo cruccio è sapere che le donne afgane, la metà della popolazione, vive segregata, non potendo neanche accedere all’istruzione, ma non dispera che le cose potranno un giorno cambiare.  Mauro Berruto, su Avvenire, parte dalla sua storia per ricordare le calciatrici dell’Herat Football Club che nell’agosto del 2021, grazie all’associazione Cospe, riescono a imbarcarsi su un aereo per l’Italia, a rischio della vita. Non segneranno a San Siro, scrive Berruto, ma in tre anni hanno imparato l’italiano, lavorano, fanno ancora sport per il piacere di farlo. Sono felici, per quanto può essere felice chi, a casa sua, non può tornare.  

Generazione filler

Sul Fatto Quotidiano del 9 dicembre intervista alla dermatologa Roberta Lovreglio che fa un quadro tragico delle ragazzine che a tredici anni vogliono già rifarsi la bocca o il seno e delle loro famiglie, soprattutto le mamme, che glielo consentono. Parla di generazione botox basata sull’apparenza e poco studio che vive accanto ad una maggioranza, per fortuna, che studia e non pensa ai rinofiller.  Sulla nostra rassegna diversi mesi fa avevamo già visto il fenomeno delle ragazzine a caccia di cosmetici anti-age anzitempo, tutto per rincorrere i canoni di bellezza esaltati sui social. Un fenomeno talmente preoccupante che Tik tok, il più seguito dai giovani, ha pensato bene di rendere inaccessibili ai minorenni quei filtri che sollevano le sopracciglia, levigano la pelle, danno volume alla bocca e sono utilizzati da centinaia di migliaia di persone, per lo più giovanissime. Di questa decisione avevamo parlato già nella nostra Rassegna di novembre, ne scrive anche Maria Cafagna su Roba da femmine, la newsletterer su questioni di genere di Wired.

Le nostre città

Su Qn Il Giorno un servizio di Marianna Vazzana sull’iniziativa  promossa da Soroptimist International d’Italia  con Anci, Università Cattolica del Sacro Cuore dpt RecoveryLab, STEAMiamoci e Ambiente Italia, corollario al Progetto Nazionale Soroptimist “Una città che vorrei”. Un confronto che ha messo al centro i diversi modi di vivere la città ed il ruolo che le donne devono assumere in questo processo di trasformazione. Le nostre città evolvono, cambiano, a volte diventano irriconoscibili, ma non è solo con la fede nella tecnologia che garantiremo i diritti ai beni comuni ed il diritto alle relazioni sane.
Le città sono al centro di questa trasformazione e creano contrasti: attirano persone, generano valore, ma consumano risorse e producono impatti negativi. E parlando di città non si può non dare conto dell’ennesima vittima della strada a Milano, Rocio Espinosa Romero, 34 anni, morta travolta da un tir il cui conducente è fuggito, salvo essere rintracciato poco dopo.  La giovane donna stava attraversando sulle strisce pedonali e un attimo prima dell’impatto è riuscita a salvare i suoi due gemelli, deviando il passeggino a due posti dalla traiettoria del mezzo. La sua storia è finita su tutti i giornali non solo per sottolineare la continua strage di pedoni a ciclisti a Milano, ma soprattutto per raccontare la donna che era: giunta dal Perù a Milano 18 anni fa, era in attesa della cittadinanza tanto agognata, lavorava come inserviente al Pio Albergo Trivulzio, ma studiava per diventare infermiera. Una vita stroncata a cento metri da casa. Secondo il Messaggero di sabato, il conducente del mezzo pesante stava chattando al telefonino: quando è stato fermato ha detto di non essersi accorto delle due donne, la nonna (solo lievemente ferita), la figlia e il passeggino con i due gemelli di 18 mesi.

Questa rassegna è frutto del lavoro di squadra di Barbara Consarino, Gegia Celotti, Paola Rizzi, Luisella Seveso, Maria Luisa Villa, Laura Fasano, Caterina Caparello.

Fonte: https://giulia.globalist.it/documenti/2024/12/15/rassegna-sui-generis-la-settimana-di-notizie-sulle-donne-dal-9-al-14-dicembre-2024/